Cura della vena safena malata mediante strategia Chiva

Cura Emodinamica della Insufficienza Venosa Ambulatoriale

Cura della VENA SAFENA MALATA mediante la strategia CHIVA: cura Emodinamica della Insufficienza Venosa Ambulatoriale.

Le vene in generale, e quelle delle gambe in particolare, assolvono a cinque importanti funzioni:

  1. drenano il sangue (dalla pelle, dai muscoli, dalle ossa);
  2. provvedono al suo ritorno al cuore;
  3. contribuiscono a regolare la temperatura corporea;
  4.  costituiscono una importante via di emergenza in caso di trombosi venosa profonda popliteo-femorale;
  5. costituiscono un valido sostituto autologo per i bypass arteriosi in particolare quelli aorto-coronarici (nell’infarto miocardico) o femoro-poplitei (nelle ostruzioni o traumi delle arterie delle gambe stesse).

All’interno delle vene degli arti inferiori sono presenti molte valvole unidirezionali che, grazie alla spinta impressa dalla pompa muscolare del polpaccio, indirizzano il sangue in esse contenuto dal piede verso il cuore, contro la forza di gravità.

Nel paziente affetto da insufficienza venosa, causa la disfunzione di una o più valvole, questa importante funzione è più o meno gravemente compromessa, determinando la comparsa di reflusso (ovvero flusso invertito, patologico, dall’alto verso il basso), responsabile dello sviluppo di vene dilatate e tortuose: le VARICI.

Esse rappresentano l’espressione di una malattia prima che un inestetismo e la loro cura non richiede necessariamente la loro eliminazione.

La chirurgia tradizionale mediante stripping (letteralmente “strappamento”) è tuttora la metodica maggiormente utilizzata ed è finalizzata alla asportazione della vena safena e per questo definita “ablativa”. La scleroterapia con liquido o con schiuma e le più recenti tecniche endovasali, che impiegano il laser o la radiofrequenza, hanno come comune denominatore l’obliterazione (chiusura) della vena. Queste sono impropriamente definite “conservative” e l’equivoco o l’ambiguità deriva dal fatto che la vena varicosa non è asportata, quindi apparentemente “conservata”, ma ridotta ad un cordone fibroso inutilizzabile per il ritorno del sangue al cuore. La cura” CHIVA” invece si prefigge di conservare innanzitutto le vene safene ,i principali collettori venosi, ed utilizza la scleroterapia come completamento anche estetico. Si tratta di una strategia terapeutica che vanta oltre 40 anni di esperienza, semplice nella attuazione ma più complessa delle altre nella pianificazione, in quanto richiede un lungo periodo di apprendimento ed una eccellente conoscenza dell’uso dell’ecocolor doppler.

Si basa sulla convinzione, avallata da evidenze cliniche e dall’esperienza quotidiana, che la dilatazione varicosa sia dovuta alla aumentata pressione ematica da reflusso, che determina un maggior carico di lavoro. Pertanto, mediante un esame ecocolordoppler, detto “emodinamico”, vanno individuati precisamente tutti i punti di reflusso da correggere chirurgicamente, cioè i cosi detti “punti di fuga”, che riportati su di una mappa cartacea, consentono di attuare per ciascun paziente una strategia personalizzata. Importante sottolineare che il doppler emodinamico, si distingue da quello usualmente effettuato per tutti gli altri tipi di terapia, in quanto si basa soprattutto sulla esecuzione di manovre atte a riprodurre ciò che succede nelle vene durante la deambulazione, e non semplicemente per individuare il percorso delle varici sotto la pelle; può richiedere anche un’ora e viene effettuato dal chirurgo stesso poco prima dell’intervento.

Altra prerogativa della CHIVA è l’attuazione chirurgica in regime ambulatoriale, in anestesia locale, con pochi e piccoli tagli (2-20mm) mirati, quindi, con scarsa invasività e maggiore attenzione all’estetica; data la evolutività della malattia varicosa la soluzione terapeutica può essere raggiunta in uno o più tempi successivi. Le varici, sottratte così al maggior carico, ma rimaste in sede, si riducono progressivamente di calibro già subito dopo l’intervento, mantenendo il drenaggio dei tessuti e riducendo negli anni la percentuale e la complessità delle recidive (come avvalorato da prestigiose riviste scientifiche). Terminato l’intervento, che è pressoché indolore, il paziente è invitato a camminare immediatamente, può recarsi al parcheggio della propria auto e nei giorni successivi può attendere alle normali occupazioni.

Perché assolvono a funzioni importantissime, dal drenaggio del sangue verso il cuore, alla regolazione della temperatura cutanea. Inoltre sono una via di emergenza in caso di trombosi venosa profonda della gamba ed infine, con l’aumento della vita media, costituiscono una protesi naturale in caso di bypass aorto coronarico (negli infarti del cuore). In poche parole sono da considerarsi degli “organi salvavita” ! La cura CHIVA assolve a questo compito! Si pratica in anestesia locale, è indolore e consente di camminare subito appena terminato l’intervento.